Esperimento Trash 10km: il risultato

Esperimento trash finito, una 10 km preparata in 10 giorni: si può fare. La si può fare preparandola anche in 20 minuti, ma qui il succo del test era la massimizzazione della prestazione nel minor tempo possibile. È un esperimento che non mi ha dato risposte scientifiche, anzi, ha aumentato le domande, mentre dal punto di vista emotivo e sociale mi ha regalato spunti infiniti. E poi ho avuto la conferma di un pensiero che avevo già avanzato anni fa (qui articolo): lo sci alpino ti plasma e ti rende un’atleta unico, con superba sensibilità, apertura mentale, tendenza alla sperimentazione, sopportazione del dolore fisico e intensità. Cazzarola, l’intensità è una cosa che fa la differenza e che non si vede nel 95% dei ciclisti, triatleti e runners amatoriali. Se mai uno fra Innerhofer, Hirscher, Kristoffersen o chi che sia si metterà a praticare uno di questi sport, state certi che arriverebbe ai livelli amatoriali più elevati in un solo anno. Potremmo parlare per ore delle qualità degli sciatori, non sono solo atleti che vanno giù per inerzia fra i pali blu e rossi, è gente che crea intensità in un minuto di gara, pensa in un millesimo di secondo andando a 100 km/h, ricerca la sensibilità dei piedi che si trovano in una scarpa di plastica a -10 gradi e che spinge un quantitativo di watt che le persone comuni non spingerebbero neanche in un secolo di vita. Dico questo perché nella mia umile e scarsa prestazione di 44:02 (oltre due minuti sotto i 46:50 preventivati) raggiunta in 10 giorni, tutto il merito va al mio background sciistico. E voi vi chiederete: ma cosa centra la corsa, uno sport di resistenza, con lo sci alpino, uno sport per antonomasia di manzi e suini? La risposta dovete trovarla in altre domande che non vi porrò io, ma che potete dedurre magari seguendo il mio resoconto e le mie personalissime opinioni sulla preparazione per una gara di questo tipo.

La preparazione mi ha dato una forma decente, sono arrivato con un -4 sulla bilancia che comunque significa ancora sovrappeso per la mia “stazza”. Una cosa non capisco: ma come fanno le mie gambe a rimanere sempre di questa dimensione?! Perché non si sgonfiano?! Sarà colpa degli squat, delle migliaia di curve sullo Stelvio a 3000 metri e degli assorbimenti nella diagonale di Caspoggio.
Una cosa che mi ha dato brillantezza è l’alimentazione a due pasti, che non mi ha dato mai sonnolenza, con il muscolo che reagisce subito e con molta leggerezza. Grazie Bruno Alves. Ah, su 10 giorni 9 volte ho fatto la stessa colazione: due uova strapazzate con bacon, yogurt bianco con mix di cereali e caffè americano. Ah, da McDonalds. Per il secondo pasto un po’ di tutto, mai un dolce, mai una farina elaborata. (PS: Queste sono cose che hanno funzionato sul mio corpo, non mi sono state indicate da nessun dietologo e non è detto che funzionerebbero su di voi. Diffidate da queste tecniche, oppure provatele e fatemi sapere). Gli allenamenti sono stati un fuori soglia unico, tranne una giornata con una corsa di 30 minuti ad andatura facile ma con il pensiero del movimento, pensando ad ogni appoggio: c’è intensità anche quando fisicamente c’è poca intensità. Fondamentale nella preparazione è stata l’ignoranza verso i sentimenti del mio corpo, tenendo ritmi che non avrebbe potuto tenere se non sul tapis roulant. Il giorno prima della gara non ho fatto niente per disinfiammare la gamba e anzi, ho mangiato più di quello che avrei dovuto (formaggi, salumi e una mousse al cioccolato come cena). Una cosa che ho imparato dopo aver smesso di gareggiare è il riposo e la freschezza che ti regala anche una sola giornata di nullafacenza. Forse, quando il mio preparatore “Vitto” sui programmi di allenamento scriveva “riposo domenicale”, avrei dovuto ascoltarlo invece che fare chilometri in bici.

Passiamo alla gara. Mio fratello Maiki manda a quel paese i miei piani matematici. Lui vuole fare la sua gara e dunque io non ho un pacer, ma soprattutto non ho ne garmin, ne cardiofrequenzimetro, ne telefono da consultare durante la corsa. Ma non è un problema, dieci minuti prima della corsa gli chiedo di correre 50 metri con me a 4’30” al chilometro così per capire il ritmo da tenere in gara. Poi faccio due allunghi per sentire il rapporto fiato/battito cardiaco ad un’andatura maggiore e faccio una stima molto poco scientifica e per niente matematica fra le due andature. Ho definito il ritmo da tenere in maniera puramente animalesca e anticonvenzionale, ma almeno ho convinto il mio corpo che un riferimento cronometrico non serviva. Ah, partenza a digiuno e come ha consigliato il Dragone Alato “Caffe Doppio e via”. Neanche l’acqua ho bevuto.

Molti mi hanno scritto: “Com’è andata?”. Come volete che sia andata, ho sofferto come un cane fin dal chilometro zero, con il cuore che toccava i denti e la “sensazione vomito” presente per più di mezz’ora. La prima vera sofferenza è stata quella di rimanere tranquillo in quarta griglia, piena di selfie, turismo e cuffie della musica. Per il turismo posso lasciar passare, era la griglia non competitiva, per i selfie si dice già fin troppo, ma per le cuffie in gara no, devo dirlo: è illegale e antisportivo. E’ scientificamente provato che la musica è doping, riduce lo stato di fatica ed è vietata. Se avete bisogno di caricarvi con la musica durante una gara allora rimanete sulla poltrona di casa a veder Netflix, è meglio. In ogni caso, la cosa bella di aver fatto gare di sci è che, quando ti appresti ad una qualsiasi manifestazione che dura più di 10 minuti, non hai problemi di agitazione o ansia o battiti elevati già prima di muovere un dito. A volte alle gare di sci, quando non hai sicurezza, arrivi già fuori soglia prima di aprire il cancelletto di partenza. Ci sono rimasto un po’ nel vedere alcuni volti pre-gara. Poi sento un “Oggi ti batto!”, è un ragazzo che mi riconosce, ma corre a qualcosa come 3 e 50 al chilometro, non ho il motore per seguirlo purtroppo. E’ tornato dall’Olanda e si è iscritto il giorno prima alla corsa, bravo bomber.
Nota di colore: prima di arrivare in start vado in bagno tre volte, un segnale importante che mi ricorda che in queste occasioni il mio fisico ha sempre performato al 100% anche sugli sci. Non c’è bisogno di avere il garmin o l’applicazione “salute” per capire se il tuo corpo sta bene. Basta conoscerlo un po’.

I primi due chilometri sono una jungla, già due o tre fuori soglia per passare mucchi di persone e tanta, troppa strada in più per passare a destra e sinistra. Passo due chilometri, ci sono dei corridori sui 40 anni che gridano: “Sveglia Milano! Giù dalla branda! Sveglia poltronari!”. Vorrei fare un intervento alla Marco Materazzi.
Poi arriva il Parco Sempione, vedo un passaggio per i chip, mi giro verso due persone per chiedere se fosse quello dei 5km: quando corri all’esterno il tempo passa. Altro punto a favore per gli allenamenti sul tapis roulant. Giro per i 10km, c’è la metà della gente e apro un po’ il gas pensando di non essere in linea con il mio obiettivo. Poi trovo un concorrente, credo della mia età, con le cuffie alle orecchie. Gli chiedo: “A quanto vai al minuto?”, mi risponde subito “4 e 25”. Ho il primo riferimento e rimango un po’ sorpreso, credo di aver risposto “Grazie”. Poi mi dice “Se vuoi andiamo insieme, ci diamo i turni”. “Ok”.
Questo è stato il momento più bello della mia 10km, non perché ho socializzato, ma perché ho aperto il gas anche quando non avrei dovuto farlo per il bene del mio ritmo. Dopo 10 secondi sento che il suo respiro non è da 4 e 25 e allora aumento, voglio fare un fuori soglia per andarmene e acquisire morale con un’accelerata. Dopo trenta secondi non sento quel respiro discontinuo, la mia giornata poteva ritenersi positiva già li. Arriva il momento di semi-crisi, quello in stile “visione Fantozzi”. C’è solo una cosa che ti tiene a galla in queste situazioni: il tuo idolo. E il mio idolo l’ho trovato a 14 anni, a Luglio, mentre pedalava in Francia. Quello sguardo ha segnato la mia vita sportiva adolescenziale. Ogni volta che ho fatto fatica negli allenamenti ho provato a trovare motivazione nell’emulazione e nell’immedesimazione in quell’americano, Lance Armstrong. Si è vero, anni dopo si è rivelato sporco, arrogante, anti sportivo, schifoso, quello che volete. Ma io non tradirò mai quel 14 enne che, appena dopo averlo visto alla tv nelle tappe del Tour de France, andava a far ripetute sulla salitella di La Pila all’Isola del’Elba. Ecco, nel momento di crisi della 10km di Milano, con il cappello Niki Lauda girato e la calza nera, ho ripensato allo sguardo di Lance Armstrong. Passato il momento di crisi vedo lo sguardo di un vigile urbano, sembra chiedersi “Ma che lavori sta facendo?”, poi c’è il cartello dei -2km e allora aumento fino al limite sfinimento. Taglio il traguardo, sento il bisogno di rimettere ma mantengo una certa classe, poi vedo gente già cambiata e mi sento scarso, molto scarso. Le ragazze con le medaglie in mano forse hanno capito dal mio sguardo che non volevo la medaglia di partecipazione. 20 minuti dopo c’era la fila per prenderla. Punti di vista.
E’ stato un po’ come fare una gara di sci: ti senti bene, tiri le curve, hai belle sensazioni, fai qualche errorino, poi ti riprendi e tagli il traguardo. E ti cadono le balle quando capisci che i secondi di distacco che hai preso non ci stanno neanche nello zaino.

L’esperimento è finito, la massimizzazione della mia prestazione con metodi creativi e non convenzionali è riuscita, più o meno.

Vorrei dire che prima di comprare un Garmin dobbiamo capire il nostro cuore, prima di farci consigliare diete dagli esperti e comprare integratori dobbiamo sentire i bisogni del nostro fisico. Prima di leggere un libro che dice “Come correre a piedi” dobbiamo tornare ad essere quello che erano i nostri antenati ai tempi della pietra: degli animali senza rispetto verso noi stessi. Poi dopo possiamo fare un lavoro di qualità, con preparatori, diete e programmi.
Io in 10 giorni non ho capito nulla della corsa a piedi, ma ho capito cosa serve al mio corpo per migliorarsi.
In 10 giorni ho capito che la corsa non sarà mai il mio sport.

Queste sono considerazioni che dovete prendere e gettarle nella spazzatura, altrimenti non si chiamerebbe “Esperimento Trash”. Ci vediamo al prossimo, sarà pazzesco.
Intanto riflettete su questi punti e iniziate a fare digiuni e lavori, digiuni e lavori, digiuni e lavori….

PS: Bravi agli organizzatori, han fatto un bel contesto. Ma la Milano che si candida

One Response

  1. DRAGONALATED says:

    GRANDE GRANDISSIMO Dragone ne ero certo!! Un campione,un Atleta anche se arriava dal ping pong ha delle doti dei,dei riflessi, delle fibresss WHITE antagoniste un fisico superiore alla normalita’, una mente cresciuta in agonismo ,ricordiamoci che ogni essere vivente nel dna è campione , gia’ da spermatozoo vinciamo la First Race the life.. ma è solo linizioo.. poi sta a noi continuare I Lavoriiii!!

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