Lachlan Morton, l’anti campione

Lachlan Morton

Sei una giovane promessa del ciclismo mondiale, hai un buon ingaggio in una delle squadre World Tour migliori al mondo, ti dicono che puoi competere per la maglia gialla al Tour nel giro di qualche anno, ti danno programmi di allenamento specifici. Un sogno per qualsiasi ragazzo, ma se ti chiami Lachlan Morton tutto ciò non fa per te. Per capire di cosa stiamo parlando basti pensare che la rivista americana Bicycling lo ha definito uno dei ciclisti più influenti dell’epoca moderna non per i suoi risultati agonistici, ma per il suo modo di intendere e praticare il ciclismo.

Vi abbiamo già parlato di questo australiano classe ’92 e dei suoi viaggi appassionanti in sella alla sua bici. Lachlan ha seguito le orme del fratello Gus fin da piccolo gareggiando nelle categorie giovanili in Australia e negli Usa, sempre seguito dal padre, poi a soli 21 anni la chiamata nel mondo che conta, il World Tour, e un contratto con la Garmin-Sharp che pochi a questa età si possono permettere. Sembrava tutto perfetto, un sogno che si avvera, un obbiettivo raggiunto. Nel 2013 ha ottenuto grandi risultati nonostante fosse al primo anno da Pro, ma nel 2014 qualcosa non ha funzionato. O meglio, sono venuti a mancare gli stimoli necessari per competere nel massimo livello e la bicicletta si è trasformata da divertimento a obbligo.

L’esclusione dalla squadra per il Tour de France, qualche infortunio e un problema con il Visto (che lo ha tenuto lontano dalle gare per molto tempo) hanno demoralizzato un ragazzo che voleva vivere il ciclismo divertendosi. Al Giro di Romandia 2014 si presentò addirittura senza allenamento dopo una “sosta” di due settimane in Australia per stare con la ragazza. Ormai aveva perso completamente il piacere di pedalare, non sentiva più dentro di se quell’istinto primitivo che lo aveva portato ovunque in sella alla sua bici. E dunque a fine stagione decise di uscire da quel mondo troppo diverso da lui e si spostò negli Usa nel team Jelly-Belly, per tornare a vivere quell’ambiente che ha sempre amato, passando da hotel di lusso ad appartamenti da due soldi, da gare di primo livello a criterium corse da pazzi scalmanati, spostandosi dalla calda Girona a Boulder in Colorado, con uno stipendio nettamente inferiore al precedente. Il sogno di diventare un ciclista di fama mondiale non gli apparteneva più.

Jonathan Vaughters, suo direttore tecnico ai tempi della Garmin-Sharp, in poche parole ha riassunto il carattere e la personalità di questo ragazzo: “Era esattamente il tipo di talento che volevo nella nostra squadra. Ama divertirsi, ha una mentalità eccentrica, è un tipo molto intelligente e molto attivo. In fin dei conti posso dire che Lachlan non ha mai amato correre a livello WorldTour. E ‘ un mondo rigido, tosto, e tutto questo lo ha bruciato dentro. Il Giro di Romandia è una corsa dura dove piove spesso sulle Alpi svizzere e si deve lavorare sodo per il proprio leader. È difficile, non è divertente. Gare come il Tour of Utah e l’USA Pro Challenge sono gare divertenti, ma ci sono un sacco di corse che non lo sono: sono orribili, sono dure e determinano chi è uomo e chi è ancora un ragazzo. Quando si è reso conto che questo mondo non era divertente si è demoralizzato.” (Intervista rilasciata a Velonews). La performance per Lachlan Morton non è tutto, ciò che conta è pedalare.

Attualmente sta gareggiando ancora per la Jelly-Belly, quel team “casalingo” che tanto ama, e sta ottenendo grandi risultati. Forse lo rivedremo nel mondo World Tour o forse rimarrà li per sempre. Molti dicono sia talento sprecato, molti lo vorrebbero vedere all’opera sulle salite più importanti del mondo a battagliare con i ciclisti più forti del pianeta perché ha le doti e le caratteristiche per farlo. Ma Lachlan Morton per il momento ha deciso di vivere il ciclismo senza stress e senza troppi obblighi. Preferisce lunghe giornate in sella alla sua bici dal mattino fino a tarda sera, per esplorare nuovi posti, piuttosto che uscire con il suo potenziometro per fare delle ripetute dettate dal suo preparatore.

@carloberry

 

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