Emanuele Buzzi, il predestinato

Una stagione a livelli mostruosi, sempre sopra i cento orari, fatta di adrenalina e passaggi al limite. Emanuele Buzzi è stato lo sciatore italiano a distinguersi maggiormente a livello mondiale tra i più giovani, andando a colpire proprio nella settimana più importante dell’anno, quella dell’ Hannenkamrennen. Risultati che lo hanno proiettato ai vertici della velocità mondiale fino alla caduta delle finali di Are, in una giornata che lo ha visto vicino al podio fino all’ultimo. Un talento cristallino, l’unico giovane italiano a confermarsi ogni anno ad alto livello con alti e bassi, senza tuttavia quelle classiche battute d’arresto facilmente riscontrabili in giovane età. Doti che gli hanno permesso negli anni d’avere una costanza atipica per uno sciatore italiano, a cui è riuscito a dare continuità da metà gennaio fino alle finali di Are.

Lele, raccontaci come è andata il giorno della caduta alle finali.  Avevo un buon feeling ad Are già dagli allenamenti della settimana prima. Venivo da un periodo buono ed in gara sentivo d’aver fatto tutto come mi ero prefissato. Probabilmente ho sottovalutato quel passaggio finale, forse la testa era già al traguardo. Non appena rialzatomi, ho capito che era successo qualcosa, così mi sono diretto al tendone del traguardo. Quando sono arrivati il fisioterapista e l’addetto stampa Max Vergani, non mi sono preoccupato non appena mi hanno riferito gli intermedi. Solo qualche giorno dopo ho realizzato quello che avrei potuto raccogliere senza quella caduta. La risonanza magnetica fatta a Milano nei giorni successivi ha confermato la micro frattura ed il conseguente edema al piatto tibiale”.

Che cosa stai facendo adesso per recuperare? ” Ho iniziato fin da subito con la fisioterapia a Udine. Tanta piscina, Tekar e magnetoterapia. Ieri ho tolto le stampelle e presto potrò ricominciare a sciare”.

Dopo un inizio stagione sottotono, a gennaio hai cambiato marcia. In quel periodo sull’arco alpino veniva pronunciata una sola frase: ” base d’appoggio stretta e sopra come volete”. Il giorno prima della gara a Wengen, sei stato protagonista di un video assieme ai tuoi compagni Mattia Casse ed Henri Battilani in cui veniva riprodotta la sciata di quel periodo. Che cosa è cambiato da quel giorno? ” A Wengen ( superg di Coppa Europa ndr) ho fatto la gara perfetta, quella in cui fai tutto bene senza sbagliare nulla. Ho avuto un inizio stagione strano, in estate andavo forte e per questo in Canada avevo troppe aspettative. Tutto ciò mi ha irrigidito, ma da quel giorno le cose sono cambiate.  Il ventitreesimo posto in discesa nei giorni seguenti ne è stata la conferma. Quel risultato, arrivato dopo un errore non banale nella parte alta, mi ha dato molta fiducia in vista di Kitzbuhel”.

E così ti sei presentato alla vigilia della Settimana Santa con una grande Top 30 a Wengen. Dopo una settimana sul filo del rasoio ecco il decimo posto nella gara più importante al Mondo. Che ricordi hai? ” Wengen mi ha dato molta fiducia, ma a Kitz pensavo d’essere ancora indietro su alcuni passaggi e nelle prove ne ho avuta la conferma. Buoni parziali nella parte centrale, mentre in alto dovevo ancora limare qualcosa. Il giorno della gara mi sono detto che bisognava tirare fuori il massimo. Ho stretto la Mausefalle il più possibile, investendo molto anche all’entrata della stradina. Quando mi sono trovato quasi sopra la linea blu, ho pensato di essere fin troppo alto di linea. Nella parte centrale ho sciato al pari delle prove, mentre sotto diciamo che l’ho rispettata, non rischiando proprio al massimo”.

Kitz rappresenta il massimo dell’eccesso, 24 ore di adrenalina dentro e fuori pista. Raccontaci che cosa hai fatto quella sera. ” Dopo la discesa sono stato piacevolmente con la mia famiglia per tutto il pomeriggio. La sera invece ho ricevuto una sorpresa, ero al bar dell’Hotel ed all’improvviso sono arrivati i miei amici da Sappada. Ci siamo diretti al Londoner e lì è iniziata la grande festa. Tompsen è stato anche quest’anno il leader come in passato e anche il tedesco Schmid era molto acceso. Dressen è arrivato, ma sembrava quasi obbligato, non era in palla come in gara. La cosa più strana è stato il tavolo di Slalom Tokyo Drift, un pò fuori luogo per una festa del genere. Il grande assente invece è stato Daron Ravhles a petto nudo”.

Il prossimo anno tornerai sulla Streif per vincere. Quali sono i punti in cui ti senti a tuo agio e in quali credi di dover ancora lavorare? ”  Credo di potermi sentire sicuro nel tratto centrale, mentre nell’ entrata stradina e Panorama Kurve devo lavorarci. L’entrata sulla traversa finale è un altro punto da migliorare. Lì penso che Paris sia uno dei migliori al Mondo”.

E’ stato anche l’anno delle Olimpiadi, dove sei stato protagonista in discesa. Come è andata la prima esperienza a cinque cerchi? “Su quella pista ci credevo, dopo le prove avevo buone sensazioni e bei parziali. Non mi piace trovare scuse, ma in gara era impossibile fare bene essendo cambiate le condizioni. Ho sentito la neve troppo facile, capivo che non stavo andando veloce. Quando sono arrivato al traguardo ero arrabbiatissimo, poi con l’avanzare della gara ho visto che nessuno stava facendo grandi tempi e così ho capito che non avrei potuto chiedere di più”.

In Italia c’è grande attesa per l’evento Olimpico, la carente cultura sciistica in questo paese porta l’intero ambiente ad avere grande attenzione verso queste gare, quasi fosse l’ultima spiaggia per acquisire visibilità. Come è stato il clima nella squadra azzurra durante la stagione? ” In questa stagione la squadra si è unita di più rispetto al passato. Un pò influenzati dalle altre squadre, un pò perchè in velocità si sta confermando l’andamento positivo o negativo non solo del singolo, ma dell’intero gruppo. E’ stata una stagione di attesa verso questo evento e dopo la discesa la squadra era abbastanza giù di morale. In quei giorni c’era tensione, dalle riunioni, agli allenamenti pomeridiani, alla paura di mangiare cibo contaminato. Mi ha colpito Feuz per l’atteggiamento mentale. A Kvitfjell dormivo nella camera di fronte alla sua. In quei giorni si giocava il pettorale rosso e il pomeriggio prima della discesa è rientrato in camera lasciando gli scarponi davanti alla porta, quasi buttati lì senza fare attenzione alle plastiche. Ho pensato in quei momenti alla sua vera forza, quell’uomo la tensione non la conosce.”

Con quali allenatori hai legato maggiormente in squadra? ” Mi trovo molto a mio agio con Alberto Ghidoni. Assieme a Galli e Staudi fanno la differenza, essendosi ritirati da poco, gli ultimi due riescono ad immedesimarsi nella gara, provando le emozioni dell’atleta”.

Parlando di concorrenza, chi sono i tuoi avversari che più ti hanno sorpreso durante la stagione? ” Roullin è un atleta “strano” mi ha stupito, non solo per il quarto posto in Gardena, bensì per come sia riuscito fin da subito ad adattarsi alla Coppa del Mondo. Tutti gli svizzeri vanno molto forte, tra questi Barandun e Krienbhuel. Sejerstedt probabilmente è il migliore della nostra annata, ha recuperato l’infortunio molto velocemente”.

Con questo Buzzi lo sci italiano può dormire sogni tranquilli,  appuntamento a gennaio nel tempio dello sci, tra Streif, Weisswurstparty e Rosi. Se volete però farvi raccontare personalmente i retroscena del grande sci, appuntamento domenica 20 maggio allo Swatt Corner di Sappada, dove Emanuele sarà presente per narrarvi  tutto questo.

 

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