I tifosi del Giro: l’anima di questo sport

Molte volte vi sarà capitato di sentire i commentatori delle corse imprecare contro tifosi che si divertono a correre dietro ai corridori, chi per avere un momento di gloria, chi per scommessa e chi per avere un contatto con i propri idoli. Se a volte i corridori si innervosiscono alla presenza di queste persone che creano loro distrazione, non dobbiamo dimenticare che qualsiasi corridore e sportivo di ogni genere, nelle sue imprese, ha l’obbiettivo di emozionare i suoi fan, oppure farsene di nuovi. Senza tifosi ogni sport perderebbe appeal, è così dai tempi dall’antica Roma, dove i gladiatori si scontravano a vicenda allo scopo di far godere il popolo.

Ieri il grande Vincenzo Nibali, con un magnifico tweet ha voluto omaggiare i tifosi che nel 2013 alle Tre cime di Lavaredo lo rincorsero a petto nudo. “Del Giro d’Italia mi piace la gente che ti aspetta per ore, per poi vederti solo pochi secondi. Mi siete mancati..” Niente di più vero in poche parole. I tifosi del Giro non sono come quelli del Tour. Al Tour e nelle corse del nord in generale, i tifosi hanno una cultura sportiva d’elitè, conoscono ogni corridore e sanno vita, morte e miracoli di ognuno. Conoscono perfino quanti battiti spinge alla soglia un corridore. Rimangono composti durante tutta la giornata e non amano necessariamente chi vince. In Francia Lance Armstrong non è mai stato amato, nemmeno Jaques Anquetil era amato a dovere, i francesi gli preferivano Ramond Pulidor, l’eterno secondo.

In Italia invece è tutto diverso, la latinità interna dei tifosi  rende il Giro una corsa che rispecchia il nostro paese: genio, calore e sregolatezza. Se avrete occasione di assistere ad una tappa sullo Zoncolan nei prossimi anni, potrete vedere uno spettacolo senza eguali: tifosi in mutande che rincorrono ogni corridore, altri a petto nudo nonostante temperature proibitive per ogni uomo e tanta, tanta ignoranza. Chiedetelo a Manuel Buongiorno, scaraventato a terra da un tifoso che non appena resosi conto dell’atto compiuto si accasciò a terra incredulo. Il tifoso italiano è così, mediamente di ciclismo ne capisce poco, è usuale sentire durante l’attesa a bordo strada domande del tipo “chi sta vincendo?” Non conoscono quasi nessun corridore, il più delle volte solamente la maglia rosa dopo averla vista al telegiornale della sera precedente. Tuttavia ai corridori questo piace, sentire un calore che viene dal cuore come in nessun’altra parte del mondo, dal primo all’ultimo. Nei prossimi giorni vi proporremo un’intervista proprio a quei giovani presenti nella foto postata da Vincenzo Nibali, coloro che solamente tre anni fa alle Tre cime di Lavaredo fecero un atto di fede nei confronti del loro idolo. Negli ultimi km di corsa, quando lo squalo aveva già messo alle corde i suoi avversari e gli elicotteri volavano a pochi metri da terra, fecero un gesto d’altri tempi: si tolsero la maglietta rincorrendo Vincenzo a petto nudo, in una giornata in cui anche con un piumino addosso la bronchite era assicurata. Quel giorno alle Tre Cime c’erano solo tifosi animati dalla passione, dalla voglia di aspettare otto ore sotto la bufera i propri eroi. Uno di quei giovani era il sottoscritto che vi sta scrivendo questo articolo e vi posso assicurare che il giorno dopo stavo benissimo e lo rifarei altre cento volte. Da allora  ho seguito numerose corse, Giro, Tour e Classiche del nord. Non ho mai più avuto i brividi nel vedere un corridore come quel giorno, non a causa delle temperature, ma perché quando Vincenzo si è avvicinato sotto quella bufera, il mondo si è fermato. C’eravamo solo noi e lui. Grazie Squalo.

@bauerdatardaga 

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