Francesco De Fabiani: “Non so nemmeno io come ho fatto a scaricare tutti quei watt a Falun”

Abbiamo contattato l’astro nascente dello sci di fondo italiano Francesco De Fabiani per tentare di capire quali siano le sue principali qualità che gli hanno permesso di conquistare due Coppe Del Mondo Under23 consecutive. Classe 1993, Francesco è cresciuto a pane e sci stretti a Gressoney, dove attualmente vive. Nelle sue parole lascia sempre trasparire grande umiltà e timidezza, caratteristiche davvero rare per un atleta di altissimo livello internazionale.
Ciao Defa, per te un’altra grandissima stagione da vero protagonista del massimo circuito dello sci di fondo, dicci qual’ è stato il tuo momento migliore e quello in cui ha avuto più difficoltà durante l’inverno.
Ciao a tutti, sicuramente per me è stata una stagione positiva in cui ho vissuto diversi momenti molto buoni senza aver grossi problemi a lottare per le posizioni che contavano, e altri in cui ho faticato un po’ di più. Ma questo è normale visto lo sport assolutamente non semplice che ho deciso di praticare. Sicuramente i momenti migliori sono stati quelli in cui sono riuscito a raggiungere o a sfiorare il podio. A Ruka stavo davvero bene e essere superato solo sul traguardo da Krogh mi aveva un po’ infastidito ma un inizio così forte è stato sicuramente una grossa iniezione di fiducia. Al Tour de Ski le sensazioni erano buone soprattutto in classico in cui son riuscito a raggiungere il terzo gradino del podio a Oberstdorf con un gran finale, e il quarto posto a Tesero. Bellissima anche l’emozione di salire sul podio coi miei compagni di staffetta a Nove Mesto, ma senza ombra di dubbio il momento più bello della stagione è stato il secondo posto di Falun nella 15km in pattinaggio in linea. A fine stagione al Tour de Canada ho avuto un po’ di difficoltà, e la fortuna non mi ha assistito, quindi senza ombra di dubbio è stato a marzo il mio momento più buio. Peccato perché non mi ha permesso di rimanere nella Top Ten nella classifica finale di Coppa.

Grandi performance in tecnica classica, con un podio in questa stagione, nonché due quarti posti e la vittoria di Lahti dello scorso anno, ma anche in pattinaggio ogni tanto hai fatto vedere grandi cose. Che tipo di sciatore ti reputi?
E’ vero, in classico ho sempre dimostrato di essere più forte per quanto riguarda il circuito di Coppa Del Mondo. Quando correvo in Coppa Europa però riuscivo a esprimermi molto bene anche in pattinaggio. L’obbiettivo principale del futuro prossimo è sicuramente quello di riuscire ad appianare le mie performance in entrambe le tecniche, e ciò non vuol dire che devo calare le mie prestazioni in classico (ride…)…
La volata di Falun è rimasta impressa nelle menti di molti fan dello sci di fondo, non solo a livello nazionale: un espressione mista di watt e tecnica da far paura. Cos’hai provato mentre superavi tutti i mostri sacri a doppia velocità?
Sinceramente non so nemmeno io come abbia fatto a inventarmi quel numero, nel corso della gara stavo davvero bene, anche perché stranamente Sundby non si era messo davanti fin dall’inizio ad imporre il suo ritmo e quindi sono rimasto tranquillo col gruppo di testa. Si faceva sul serio solo sulla salita più dura ma li non fatico più di tanto visto che le ascese sono il mio punto forte. Al rettilineo finale ci ho provato senza pensare a nulla e ho tagliato il traguardo al secondo posto dietro solamente al russo Ustyugov. Subito dopo la gara avevo capito di aver fatto una gran cosa, ma solamente quando mi sono rivisto in televisione ho realizzato, e sinceramente ancora oggi non vi so spiegare cosa sia realmente successo dentro di me…(ride)

Vista la volata di Falun e le tue buone prove in diverse qualifiche pensi di poter diventare anche un buon sprinter? Qual è secondo te la caratteristica su cui devi lavorare per esprimerti al meglio in queste prove?
La volata di Falun si è svolta dopo 15km fatti a un ritmo non forsennato e sono quindi riuscito ad esprimermi al meglio. Le batterie delle sprint sono invece un’altra cosa: 1.5 km quasi sempre a tutta con l’acido lattico che ti arriva alle orecchie in cui è quindi molto più difficile riuscire ad essere ancora più brillanti per provare a star davanti a tutti. Le prove in cui sono riuscito ad esprimermi al meglio sono state quelle in cui all’interno del tracciato o verso la fine erano presenti salite di una certa entità, nelle gare in cui si parte a scivolata spinta senza sciolina di tenuta le mie possibilità di far bene sono davvero risicate. Sicuramente devo lavorare ancora molto sulla forza della parte alta che mi servirebbe a essere più competitivo sia nelle sprint, che nelle gare a spinta, ma anche in skating in cui si utilizza sempre più il pattinaggio doppio, dove il tronco e le braccia giocano un ruolo fondamentale.
5- Una nazionale maschile di buon livello con a capo un Sepp Chenetti, che da molti è definito il miglior tecnico in circolazione. Che rapporto hai con lui e con i tuoi compagni di squadra?
“La nostra è una squadra davvero molto amalgamata, l’età media si è abbassata di parecchio negli ultimi anni e siamo tutti molto amici e ci sproniamo per migliorare sempre più. Abbiamo dimostrato che l’Italia c’è sia a livello individuale, sia distance che sprint, che in staffetta, in cui a starci davanti nelle due prove di Coppa sono state solamente le nazionali norvegesi e russe. Col Sepp c’è da sempre stato feeling ma inizialmente non posso nascondere di aver avuto qualche difficoltà ad ambientarmi al suo innovativo modo di lavorare. I risultati si sono visti fin da subito e quindi la fiducia nella sua programmazione e nel suo modo di impostarci tecnicamente è salita sempre più.”
Due Coppe del Mondo Under 23 consecutive, pensi che un giorno potresti riuscire a impensierire i vichinghi del nord anche per la conquista della Overall, che per l’Italia sarebbe risultato storico?
Vincere le due Coppette è stato sicuramente sintomo che qualcosa di buono in futuro potrebbe arrivare, sicuramente la mia mentalità è cambiata e durante gli allenamenti nella mia testa c’è sempre l’obbiettivo di crescere ancora e di poter un giorno impensierire i nordici e i russi per la conquista di qualcosa di davvero importante.”
Nella prossima stagione ci saranno i Mondiali di Lahti, in quella successiva le Olimpiadi di Pyeongchang. Quali sono le gare dei programmi delle manifestazioni che hai cerchiato in rosso?
A Lahti l’obbiettivo è sicuramente la 15 in classico individuale (nella passata stagione è stato in grado di vincere in CdM. Ndr), che mi si addice sia per quel che concerne la tecnica ma soprattutto per le caratteristiche del tracciato. Un pensierino lo faccio anche per la Team Sprint in classico, in cui in prima frazione potrei provare a tenere bene e lanciare poi Chicco Pellegrino per ricercare qualcosa di importante. Se sono in giornata posso far bene pure nello Skiathlon, e come dicevo prima pure la Staffetta potrebbe essere per noi una buona possibilità di medaglia, considerato che le grandi nazioni potranno schierare solamente la prima squadra. Occhio però a Svezia e Finlandia che sicuramente saranno della partita, nonostante i problemi di questa stagione, ma anche alla Francia che nei gradi appuntamenti ha sempre fatto bene. Ai Giochi Olimpici vorrei far bene nella 50 in classico, sapendo che in 2 anni posso crescere ancora sulla distanza, e quindi anche nello Skiathlon, ma non escludo nessuna gara.”
Un azzurro particolare rispetto alla media, fin da subito maturo e pronto ad affrontare il mondo dei senior e la Coppa del Mondo senza grossi problemi. Quale pensi sia la caratteristica che ti ha permesso di esser fin da subito solido e chi vuoi ringraziare per la tua crescita agonistica?
Ho sempre vissuto le categorie giovanili con l’obbiettivo di guardare avanti, se c’era una gara di pari distanza mi confrontavo sempre coi più grandi perché mi è sempre piaciuto pensare al domani. Il passaggio alla categoria assoluta è stata più una sfida e un grosso stimolo, piuttosto che un trauma come spesso si verifica in altri atleti. Essere catapultato in Coppa e alle Olimpiadi di Sochi invece non è stato così semplice, i ritmi non sono più quelli della Coppa Italia e della Coppa Europa, e li ti rendi veramente conto che bisogna fare il salto di qualità al più presto per poter lottare per le posizioni che contano. Alla 50 di Sochi mi sono trovato davanti a tutti a un certo punto, e ho capito che da li in poi il mio obbiettivo doveva essere quello di puntare sempre al vertice, ho cambiato mentalità e da li è partita la mia crescita.
Ho tante persone da ringraziare per questo: Arturo Laurent, Barbara Ranghino e Daniele Modina che mi hanno fatto divertire sugli sci stretti fin da piccolo e mi hanno trasmesso la loro passione ai tempi dello Sci Club; Marco Brocard e Andrè Fragno, tecnici dell’Asiva, per avermi fatto crescere in maniera impeccabile negli anni più complicati per un ragazzo che si avvia all’agonismo; Marco Albarello per avermi convinto ad entrare far parte della grande famiglia del CS Esercito; Manuel Tovaglieri, Pier Luigi Costantin e Pietro Piller Cottrer per avermi accompagnato negli anni delle squadre Junior e Under 23; Sepp Chenetti e Paolo Riva per continuare a spronarmi a crescere sempre più grazie alla loro grande esperienza, e ovviamente la mia famiglia senza la quale non sarei potuto arrivare da nessuna parte.”

@mircoromanin

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