Gli anni d’oro del Tour de Trump

Tour de Trump

Che spettacolo il ciclismo anni 80-90: divise con design mai più replicabili come quelle di Panasonic e 7Eleven, capigliature stravaganti e talenti sopraffini. Questa volta però non vogliamo parlarvi del ciclismo poetico e meraviglioso di gente come Bugno, Hinault o Fignon, ma vi racconteremo della parte più trash di questo sport durante quel periodo. E per farlo dobbiamo andare oltre oceano, negli USA.

Avete presente Donald Trump? Si, quell’uomo che sta tentando di diventare il presidente degli Stati Uniti d’America. Ebbene questo personaggio tutt’altro che normale prima di diventare un attore/intrattenitore/politico ha cercato di sfondare nel mondo del ciclismo, istituendo nel 1989 il Tour de Trump. Provate a rileggere queste tre parole: TOUR DE TRUMP. Non avete i brividi? Una corsa di dieci tappe partendo dalla città di Albany fino ad Atlantic City.

 

Donald Trump cycling

Donald Trump si gode il suo evento con un vero look da imprenditore anni 80.

I suoi investimenti spesso si sono rivelati dei veri e propri fallimenti: la compagnia aerea, il gioco da tavolo per bambini e la Vodka Trump sono alcune delle trovate geniali di questo americano. Ma con il suo avvento nel mondo del ciclismo ha toccato davvero il fondo. Trump ha provato a brandizzare uno sport che proprio negli anni 80-90 ha vissuto sulle strade europee i momenti più emozionanti e passionali di sempre. Il suo intento era quello di competere a livello mediatico con il Tour de France, partendo da zero, partendo senza una storia, ma sopratutto pensava di creare una macchina da soldi e di guadagnare stima e popolarità nel mondo dello sport. E come ciclista icona si prese un certo Greg LeMond, uno che si è sempre venduto bene. Ma chiaramente le cose non andarono come previsto e dopo sole due edizioni Donald Trump uscì di scena lasciando la sponsorizzazione dell’evento nelle mani di un altro spostato mentale, John DuPont.

Godetevi questi 5′ di video davvero imbarazzanti. Bisogna dire però che la sigla di intro ed il logo sono un tocco di classe che la Rai sta ancora cercando di replicare.

@carloberry

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