Abbiamo oltrepassato ogni limite, confermandoci il popolo degli ignoranti per eccellenza.

Nicky Hayden

Oggi siamo arrabbiati, molto, più che mai. Ieri è accaduto l’ennesimo incidente stradale che non sarebbe mai dovuto succedere. Dopo la tragica morte di un mese fa di Michele Scarponi, schiantatosi contro un furgone nella sua Filottrano, il comportamento indecente non chè vergognoso degli automobilisti italiani continua senza interruzione. Ieri infatti intorno alle 14 di pomeriggio sulla strada provinciale Riccione-Tavoleto è stato travolto il motociclista Nicky Hayden mentre era in sella alla sua bicicletta per un allenamento. Raccapriccianti sono le immagine della sua s-works recuperata in mezzo ad un prato con il telaio letteralmente tranciato a metà. Critiche le condizioni del campione del mondo di Moto GP nell’ anno 2006; si parla di prognosi riservata in quanto siano presenti edemi diffusi di natura sia celebrale che polmonare.

I dati parlano chiaro, nell’ anno 2015 l’ Italia è la nazione europea che presenta il numero di ciclisti vittime di incidenti stradali più elevato in assoluto. Sono 252 i morti, uno ogni 35 ore. Numeri che ti fanno passare la voglia di uscire in bicicletta anche solo per una sgambata sulla ciclabile, mettendoci a conoscenza del fatto che non sai se tornerai a casa o meno; e non per colpa tua.

Siamo un popolo di ignoranti, questa è la verità. Senza un minimo di rispetto nei confronti del prossimo. Senza nemmeno il buon senso di capire che la vita di chi sta pedalando su 25mm di tubolare è appesa ad un filo molto sottile; non è così invece per coloro che sfrecciano seduti sopra tonnellate di acciaio, ben sicuri al loro posto di guida.

La strada è un luogo pubblico, tutti hanno il diritto di circolarci sopra. Quello che guida la macchina, tanto quanto colui che guida la corriera, o il camion, o il trattore. Così come colui che per godersi la pensione, o per inseguire un sogno, è in sella alla propria bicicletta. Dovrebbe esserci collaborazione tra le parti; invece, come sempre, è l’ignoranza dei frustrati e dei perenni insoddisfatti a regnare sovrana.

Tutto un insulto, tutta una suonata di clacson. Tutta un’ ansia e una fretta per andare dove non si sa. Stop ignorati, precedenze non date, per non parlare poi delle frecce, quelle le abbiamo lasciate oramai solamente agli indiani. Se ne andassero tutti a fare in culo una volta per tutte, insieme alla loro insofferenza, sarebbe anche ora e tempo… Anche quando i ciclisti si trovano in fila singola sulla destra, e senza dar fastidio a nessuno; il popolo ormai è prevenuto, non c’è niente da dire o da fare se non essere consapevoli che è in atto una vera e propria guerra stradale contro il ciclismo amatoriale e non. Ma il nostro stato ben insegna, da sempre, e su tutti i fronti; non c’è tutela in causa per la parte debole.

Non c’è prevenzione, e la prima regola che viene infranta da tutti è quella più importante, quella del buon senso. Tanto meno da parte delle forze dell’ ordine, e di una magistratura sempre più incapace nel far rispettare le leggi; ad esempio quella che i ciclisti vanno superati mantenendo almeno un metro e mezzo di distanza laterale da essi.

Non sono di certo la persona che parla per sentito dire, bensì sulla base di esperienze personali vissute. Poco meno di un anno fa mi trovavo in bicicletta circolando e chiacchierando a fianco di un amico, in “doppia fila”, percorrendo una strada provinciale di montagna dove su 20km siamo stati superati da una macchina sola, quella dei carabinieri. Una volta fermatoci queste le loro prime parole: “avete rotto i coglioni con queste biciclette”. Penso che a questo non serva aggiungere altro, se non che quando l’esempio sbagliato viene dall’alto, non può che non essere seguito ed eseguito fino ai piani bassi. Non posso meravigliarmi di certo poi se entro nella fiancata di una macchina che svolta senza prima usare gli indicatori di direzione, o se insulto quotidianamente coloro che mi superano a 30 centimetri di distanza. Mi è capitato e mi capita quotidianamente. Partendo comunque dal presupposto che all’ interno del codice della strada non vi è alcun articolo che vieta ai ciclisti di circolare in doppia fila SEMPRE.

Infatti nell’ aprile 2014 una sentenza del giudice di pace Taggia (Imperia) scagionò dei ciclisti che, circolando affiancati, vennero multati sull’ Aurelia per la violazione dell’ articolo 182 comma 1 del codice della strada. In quell’occasione infatti, si chiarì che, contrariamente all’ opinione pubblica, spesso ignorante e non informata, i ciclisti ben possono viaggiare in doppia fila nei centri abitati e quando le condizioni della circolazione lo richiedono. Anche la giurisprudenza ha confermato più volte tale assunto, previsto proprio dall’articolo 182 del codice della strada.

Un altro esempio potrebbe essere quello che vede un ciclista circolare al limite della velocità consentita dalla legge. Esso potrebbe anche percorrere al centro della propria corsia, in quanto un ipotetico automobilista per superarlo dovrebbe infrangere il limite di velocità.

Purtroppo la pura verità è che i conducenti dei mezzi motorizzati, i quali si ritrovano lì il più delle volte per lavoro, non cercano collaborazione sfogando la loro la rabbia repressa della vita nei confronti di chi sta impiegando (al meglio) il proprio tempo libero, o praticando in qualche caso anch’esso il proprio mestiere.

Non è neanche lontanamente concepibile il fatto che si rischi di non tornare a casa dalla propria famiglia, morendo in sella ad una bicicletta. Toccherà smettere di fare anche questo prima o poi, ormai il rischio è troppo elevato, e non si può riporre la propria vita che sia a 20 o a 60 anni nelle mani di qualche imbecille frustrato, il quale il più delle volte defice seriamente anche nel guidare non essendo in grado di farlo.

Riflettiamo tutti quanti, e per l’ennesima volta vergognamoci profondamente di essere italiani. IL popolo dei deficienti.

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