Avevamo qualcuno, ma non la pazienza

I Giochi Olimpici di Pyeongchang sono finiti e sono appena iniziati altri giochi, quelli delle sentenze: all’unanime i tifosi, i giornalisti e gli addetti ai lavori hanno gridato al buco generazionale. I commenti sono i soliti: “dobbiamo rifondare”, “bisogna adottare il sistema norvegese”, “bisogna cambiare il movimento giovanile”, “riformare la FISI”, “dietro non c’è più nessuno” e cose del genere che si sentono da 20 anni ormai, da quando Alberto Tomba ha inchiodato gli sci al muro per sempre. Perché alla fine è così, l’italiano vuole un’altra Bomba, ma il problema è che non siamo più negli anni ’90.
Ho voglia di dirvi la mia, perché nel mio piccolo faccio parte anche io di questo buco generazionale, un gruppo di ragazzi che può essere individuato nei nati fra gli anni ’87 fino al ’92 – ’93. Queste sono le annate che vanno prese in considerazione, da li in poi si parla ancora di atleti giovani che non hanno ancora raggiunto la maturazione, perché uno sciatore di 25 anni non può essere già vecchio.

Ogni volta che leggo o sento dire “non c’è più nessuno” mi viene voglia di prendere l’Iphone e lanciarlo contro un muro. Qualcuno c’era, eccome se c’era, ma forse 10 anni fa si pensava solamente a vincere le medaglie, a vivere alla giornata. Perché in Italia è questo il problema: si pensa alle medaglie, al tutto e subito, non al futuro. E siccome agli italiani piace basarsi sui metalli ecco qualche dato riguardante gli ultimi otto Mondiali Junior.

Formigal 2008: Hagen Patscheider (’88) primo in discesa libera e quinto in super-g, Paolo Pagrazzi sesto in discesa libera, Jacopo Di Ronco secondo in slalom dietro a Marcel Hirscher.

Garmish 2009: Andy Plank vince la discesa libera davanti a Dominik Paris. De Aliprandini sesto in slalom gigante quando la start list vedeva in corsa Alexis Pinturault e Marcel Hirscher.

Megeve 2010: Mattia Casse vince l’oro in discesa libera, terzo in super-g e sesto in slalom. Un giovanissimo Andrea Ravelli è quattordicesimo in discesa libera.

Crans Montana 2011: l’unico Mondiale Junior a cui ho partecipato, il più deludente degli ultimi 10 anni per l’Italia. Alessandro Brean finisce ottavo in suer-g, il migliore risultato della spedizione. In televisione qualche giorno dopo si gridava già al “non c’è più nessuno”, quando all’epoca avevamo 19 anni. Poi due anni dopo uno dei presenti in quella spedizione svizzera vinse una medaglia in Canada, dunque tanto scarsi i convocati a Crans Montana non lo erano. Io invece si, ero un bel chiodo.

Roccaraso 2012: Stefano Baruffaldi sesto in discesa libera, mentre l’unica medaglia arriva nel parallelo a squadre. ma tanto non contava. Ma alle ultime Olimpiadi mi sembrava contasse però, no?

Le Massif 2013: Alex Zingerle secondo in gigante. Lui che due anni prima “era nessuno”.

Jasna 2014Matteo De Vettori vince l’oro in combinata e finisce secondo in super-g.

Hafjell 2015: Henri Battilani vince l’oro in discesa libera ed è sesto in super-g. Daniele Sorio, Simon Maurberger e Tommaso Sala finiscono rispettivamente quarto, sesto e ottavo in slalom gigante.

Con il 2015 ci fermiamo, anche perché stiamo già parlando di presente. I soli Mondiali Junior dicono poco sul vero potenziale che c’è stato in Italia, ma comunque questi risultati evidenziano che un po’ di atleti li avevamo, ma la pazienza per crescerli no. 

Se nel campo tecnico i conoscitori dello sci alpino vedono comunque qualche spiraglio di salvezza, nelle discipline veloci si parla di futuro disastroso. Ma non è che serva rivoluzionare lo sci giovanile per trovare qualche discesista, basterebbe semplicemente far si che gli sci club di tutta Italia tornassero a sciare sopra i 90 km/h. E questo non è un problema delle federazioni, dei comitati o delle risorse. E’ solamente più comodo allenarsi in slalom e gigante.
Quest’anno Beat Feuz ha vinto due medaglie in velocità alle Olimpiadi, mentre circa 10 anni fa vinse la discesa libera ai Mondiali Junior di Flachau, classificandosi poi terzo anche in slalom. Due specialità che hanno almeno 50 km/h di differenza, ma che alla fine sono entrambe sci alpino. Dunque invece che prendere esempio dalla Ledecka e fare due sport che in comune hanno ben poco basterebbe semplicemente tornare ad utilizzare insieme gli sci corti e lunghi fino a 22 anni almeno.

Il problema non è il sistema dello sci italiano, il problema è la nostra cultura sportiva che un giorno ti rende una figura mitologica e quello seguente ti getta nell’inferno e nel dimenticatoio. Il problema è che non abbiamo la pazienza, o forse non abbiamo le palle di credere in qualcosa a lungo termine.

Ci vediamo in Via Piranesi fra qualche decennio con un unico obbiettivo: evitare che altre persone creino un buco generazionale.

 

 

 

2 Responses

  1. Riccardo Nogara says:

    …altre persone creino un buco… Perchè non fare qualche nome? Roda in qualità di capo assoluto? Erode Ravetto quale principale responsabile della desertificazione e la cui obiettività di analisi è inferiore a quella di un ultrà del calcio? L’inutile Rinaldi? Oppure coloro che ne sono stati complici causa spropositata egolatria (Carca?) o per semplice incapacità (Nicco? Prosch?).

  2. Ettore says:

    Chi può permettersi di diventare uno sciatore in Italia oggi? Chi ha i mezzi economici cioè i figli di papà e i cittadini. Sciare costa troppo si cercano i risultati subito con 1000 gare a stagione senza avere il tempo di insegnare ai ragazzi la gioia di sciare durante gli allenamenti.

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